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Tassazione analitico-aziendale e patologie fiscali

Il Blog di Mario Damiani

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Postilla » Fisco » Il Blog di Mario Damiani » Diritto tributario e finanziario » Un manifesto ed un patto per il rinnovamento delle politiche fiscali e dare speranza alle nuove generazioni

29 aprile 2013

Un manifesto ed un patto per il rinnovamento delle politiche fiscali e dare speranza alle nuove generazioni

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Nel dare un titolo al blog rinnovato che è affidato alle mie cure, ho pensato che approfondire e discutere della teoria della tassazione, che avviene soprattutto attraverso le aziende, potesse risultare utile per cercare di ricondurre a sistema tanto l’istituzione che l’applicazione dei tributi. Lo sviluppo del dibattito sulle modalità per realizzare questo obiettivo, che non è il mero riassetto dell’esistente ma la costruzione di un organico nuovo sistema, costituisce perciò il naturale obiettivo degli argomenti concreti che verranno di volta in volta proposti anche ai e dai lettori.

L’attuale fase storica del nostro paese, caratterizzata dalle sempre più laceranti vicende sociali, prima ancora che politiche, sembra  però da tempo inibire questa aspirazione e spiazza totalmente tale intendimento perché, pur di fare gettito per coprire una spesa pubblica dissennata o quanto meno irrazionale, si sono realizzate  e sclerotizzate forme di tassazione senza coerenza alcuna e sono state coinvolte in questo vortice sempre più insopportabile,  anche le autonomie locali o, se ancora qualcuno ci crede, il sistema del federalismo fiscale. Il quadro è ancora più preoccupante perché è venuta meno una leva di governo nazionale dell’economica a causa della devoluzione della sovranità nazionale in materia monetaria, dovuta all’adozione dell’euro, che ha eliminato la possibilità di manovra del bilancio pubblico che derivava, nei tempi ormai passati, dall’emissione di nuova moneta, che permetteva di finanziare i deficit di bilancio statale. Non è stata infatti creata una equivalente possibilità di manovra a livello comunitario, per cui l’emissione dei titoli del debito pubblico è rimasto l’unico strumento di copertura, esploso, infatti, nell’ultimo decennio, senza che sia stata creata un’autorità monetaria europea con gli stessi poteri dell’omologa degli Stati Uniti o del Giappone.

In queste condizioni, l’incapacità strutturale di governare con efficienza la spesa pubblica ha indotto a squilibri nella sua copertura con inasprimenti progressivi della tassazione di imprese e persone, ormai colpite non solo da una pressione tributaria complessiva tanto elevata (l’Istat l’ha recentemente quantificata al 52%) ma anche da modalità complicate e disagevoli di autotassazione ed accertamento e da un’applicazione interpretativa sempre più sfavorevole per i cittadini e piegata alla ragion fiscale. L’esempio tipico è l’applicazione degli studi di settore, per imprese e lavoratori autonomi, e del redditometro per tutti i contribuenti, con l’aggiunta di una deriva costante della giurisprudenza di legittimità pro-fisco (tra tutti è sintomatica l’affermazione dura, per via giudiziaria e quindi extra-legem, del principio dell’abuso del diritto, che aggrava sempre più la posizione di soggezione dei contribuenti cui viene sempre più addossato l’onere della prova, troppo spesso invertita rispetto al principio giuridico di base per cui essa grava sul creditore (ente impositore) che vuole valer valere il suo diritto. Non manca un gioco degli specchi in cui è difficile capire dove ci troviamo. Così l’IMU procura un extragettito di 3 mld. ma non si sa dove é allocato e, in un contesto parcellizzato della spesa pubblica, nessuno capisce perché non è utilizzato per evitare ad es. l’aumento iva di luglio prossimo.

La situazione si è talmente deteriorata che riesce veramente difficile tentare di porre un argine a tanto smottamento fiscale solamente con una (caotica ed eccessiva) revisione di manutenzione, pur incisiva, della tassazione e viene quindi la tentazione di prospettare non un’ennesima riforma ma una vera “rivoluzione” tributaria, che postula l’abbattimento di tutte le forme di imposizione, ricominciando da capo col realizzare un nuovo sistema tributario, fondato su poche imposte, centrali o locali, razionali e di agevole applicazione, che tenga conto che i due terzi circa delle entrate tributarie vengono ottenute in modo pressoché automatico, dagli enti impositori, attraverso l’attività di esazione svolta dalle aziende, come curerò di dimostrare in un libro di prossima edizione. Ad esso deve collegarsi una “rivoluzione” anche del sistema della spesa attualmente gestito da sacerdoti intoccabili.

In una scenografia fantasmagorica, il legislatore, nella veste di incerto regista, ha subìto un mutamento genetico per attuare una gigantesca opera di scarica tasse dal livello statale a quello locale, col risultato di irritare i cittadini, ormai stretti nella morsa dei tributi statali e di quelli locali, qualche volta con intrecci neppure tanto chiari (vedi l’IMU). Per quadrare i bilanci e quindi per rispettare gli impegni europei e per fronteggiare i mercati finanziari, lo Stato non solo aumenta le proprie tasse ma soprattutto riduce i trasferimenti agli enti locali, a loro volta idrovore ad appetiti crescenti, e li obbliga ad aumentare le proprie tasse, inventandone di nuove (Tares, IMU, imposta di soggiorno) ovvero ad aumentare quelle esistenti (come le addizionali Irpef ed il bollo auto). La commedia tragicomica della Tares è esemplare. Dalle ceneri, ancora fumanti, della Tarsu si è voluta ampliare la tassazione per coprire i costi dei servizi non solo a consumo (o domanda) individuale (divisibile se si volesse o potessero misurare i rifiuti conferiti ai cassonetti), come la vecchia Tarsu, ma anche quelli dei servizi generali come la pulizia e l’illuminazione delle strade ecc., a domanda generale indivisibile. Viene così introdotto un tributo ibrido commisurato, in mancanza di altre idee, alla consistenza degli immobili a qualsiasi uso destinati  e di fatto introdotta una mini (occulta) patrimoniale generalizzata per coprire spese in parte indivisibili. Gli enti locali, ormai asfissiati, abboccano ed aumentano; anzi cercano di aumentare le loro imposte di competenza come le addizionali irpef di ogni tipo e le imposte sui carburanti a danno dei cittadini per mantenere apparati inefficienti e costosi.

Ogni tanto si apre un teatrino nel quale gli amministratori locali di ogni estrazione politica mimano proteste per l’insufficienza delle risorse e ricevono autorizzazioni ad aumentare tariffe e tributi che attuano scaricandone la responsabilità sullo Stato, ma tutti si guardano bene dall’azzerare i capitoli della spesa pubblica, soprattutto quelli che trasferiscono ad Enti e società pubbliche, ad opacità diffusa, risorse e facoltà di spesa, in primo luogo non attaccando le costose politiche retributive dei manager e dirigenti ed i vari livelli di connessione con l‘economia illegale, per ricostruire un bilancio pubblico severo sì ma anche giusto e basato sull’efficacia della spesa (da dimostrare voce per voce ex novo) e non sulla sua storicità immutabile e colpevolmente mantenuta.

Se torniamo alle politiche fiscali (al plurale perché occorre coinvolgere anche gli enti locali) la loro virtuosa evoluzione deve rispettare alcuni principi essenziali, alcuni già presenti nella nostra Costituzione, altri da inserire (come il limite massimo del prelievo pubblico). In un paese ad economia che si vuole “libera” il gravame pubblico deve avere un limite costituzionalmente garantito. La sua osservanza permetterebbe anche di porre un freno all’invadenza dell’area pubblica nell’attività economica che si fonda sull’iniziativa privata, favorendo la vera concorrenza sul mercato e limitando l’intervento pubblico ai settori essenziali per la collettività e soprattutto per quella parte di essa che si trova in condizioni di vera “sofferenza”, contrastando con forza non solo l’evasione fiscale, com’è sacrosanto, ma anche quella della spesa e quella connessa all’utilizzo indebito delle risorse pubbliche da parte di chi froda sulla sua condizione economica o fonda le sue fortune sull’economia  sommersa ed illegale.  Coniugata all’obbligo del pareggio di bilancio, già inserito, comporterebbe la necessità di una sana gestione anche della spesa pubblica e dell’indebitamento.

Letture: 3839 | Commenti: 7 |
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7 Commenti a “Un manifesto ed un patto per il rinnovamento delle politiche fiscali e dare speranza alle nuove generazioni”

  1. rraudino scrive:
    Scritto il 2-5-2013 alle ore 07:59

    Complimenti all’Autore! Era dagli interventi dell’ottimo prof. Lupi (del quale anzi leggo i postumi -o..prodromi?– in una certa sopravvalutazione della ‘tassazione attraverso l’impresa’) che nn leggo su Postilla un commento così lucido ed articolato Ciò premesso, se mi è appena consentito un primo approccio al tema della Riforma Fiscale, credo che l’argomento sia ormai diventato tanto ‘strategico’ da meritare l’inserimento nella (ancora ipotetica..) agenda dei lavori della cd Costituente, a latere del neo.governo Letta Sicuramente..se ne riparlerà a breve

  2. Emilio scrive:
    Scritto il 2-5-2013 alle ore 10:23

    Convengo! E’ tempo di voltare pagina negli “affari” fiscali, sia col recupero della dignità dei cittadini nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che cercando di realizzare un sistema fiscale degno di questo nome. E neppure c’è tanto da travagliare basta guardare ai vicini; alla Francia per esempio, col suo codice fiscale e la civiltà dei rapporti fisco-cittadini. Ma da noi chi si ricorda delle speranze dello statuto del contribuente? Mai legge è stata tanto infranta!
    Il fisco immobiliare-locale, poi, è un esempio pessimo ora causa anche di tensioni nel governo.

  3. Nik scrive:
    Scritto il 5-5-2013 alle ore 12:42

    Bene il rilancio di un dibattito sui valori costituzionali della tassazione, a partire da quello della limitazione della pressione fiscale ad una soglia predefinita rispetto al pil o altro indicatore oggettivo.
    Un altro aspetto esaminato dall’autore, che merita attenzione, è quello dell’eccesso di potere delle autorità fiscali e dell’insufficienza della giustizia tributaria rispetto ai diritti individuali dei cittadini. Combattere l’evasione non può giustificare metodi di accertamento “sommari e rozzi” e quindi spesso ingiusti: é come giustificare un mezzo intolelrabile, come la tortura, per il fine giusto della ricerca della verità.
    Ed allora ben venga una giusta “rivoluzione fiscale”!

  4. Walter scrive:
    Scritto il 12-5-2013 alle ore 12:05

    Riforma, o meglio “Rivoluzione”, fiscale non è solo una necessità per ridare ordine allo squanquasso sociale che si sta traducendo in lacerazione tra generazioni e tra classi sociali ma anche un’esigenza di giustizia. Il fisco sia più equo e razionale e la politica assolva al suo ruolo fondamentale di “scegliere”. Il caso IMU è significativo. Elevate o maggiori imposte non per i servizi ma per mantenere apparati pubblici inefficienti non sono più tollerabili. Ci vuole perfciò il manifesto propugnato da Damiani con chiarezza e senza ideologie preconcette.

  5. rraudino scrive:
    Scritto il 15-5-2013 alle ore 09:59

    non faccio x sottrarmi all’interessante dibattito..epperò una seconda riflessione appare a questo punto ineludibile: la ‘Costituente per le Riforme’ è stata – clamorosamente! – accantonata dal Governo Letta. Ciò detto, è noto come il Paese abbia ben altre urgenze, dai processi dell’ex premier alla diaria di Grillo e i suoi adepti. Frattanto il rischio è che ‘il gran vizio dei tempi di crisi’ (come definito da Bruni nell’ultimo fondo domenicale dell’Avvenire) s’impadronisca di tutti noi..

  6. Mario Damiani scrive:
    Scritto il 21-5-2013 alle ore 08:58

    Caro rraudino, purtroppo ci troviamo nella condizione che descrivi: governo “distratto” dai problemi delle sue componenti e riforme in soffitta (anzi in cantina). Ma gli spiriti liberi debbono continuare a sostenere le riforme illuminate, ed in particolare quelle di principio che non costano, come quella tributaria, che riesca a mettere almeno ordine e semplificare oltre che rendere più giusto il prelievo. E’ stata annunciata la riforma della tassazione immobiliare, addirittura in un d.l. con scadenza? Bene, allora talloniamo ed incalziamo con idee chi deve provvedere. Ma non dobbiamo rassegnarci!

  7. rraudino scrive:
    Scritto il 21-5-2013 alle ore 10:42

    @prof. Damiani, parlerò di tassazione immobiliare solo (e se..) ci sarà una credibile proposta, che non si limiti cioè a vaghe (promesse di) agevolazioni fiscali postume od allo abbattimento delle già depresse tariffe notarili ps. magari qualche altra volta (meno di fretta..) si può andare nel merito di POCHI e CHIARI capisaldi di una Riforma Tributaria possibile…almeno a parer mio;)

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